mercoledì 9 marzo 2011

"HIMMINI": mostra/convegno a Reggio Calabria

Locandina della mostra/convegno "HIMMINI" di Raffaele Mortelliti - ©R. Mortelliti
Il 4 marzo si è tenuto il vernissage della mostra fotografica “HIMMINI”, di Raffaele Mortelliti, fotografo e giornalista di Reggio Calabria della quale sono venuto a conoscenza per caso, grazie alla pubblicizzazione dell’evento su Facebook, e dal momento che per l’ora dell’inaugurazione mi sarei trovato proprio dalle parti del Palazzo della Provincia (sede dell’evento) decido di prendervi parte, seriamente incuriosito dalla locandina ufficiale.
mostra/convegno "HIMMINI" di R. Mortelliti - ©Giancarlo Parisi
Si evince infatti da essa che si tratta di una MOSTRA/CONVEGNO, patrocinata dall’Assessorato alle pari opportunità della provincia di Reggio Calabria ed alla quale prendono parte alcune importanti personalità del panorama reggino, tra cui il presidente del Tribunale di Palmi Mariagrazia Arena, l’Assessore alle Politiche sociali di Reggio Calabria, ecc. (cliccando sulla locandina per ingrandirla potrete avere dettagliato conto degli intervenienti). Il motivo per cui ho deciso di dare conto della mostra su Imago Veritatis risiede essenzialmente nella considerazione che eventi di questo tipo sono piuttosto “isolati” nel circondario reggino, in genere limitati a piccole mostre personali poco pubblicizzate o pubbliche ostentazioni di immagini delle quali si scopre l’esistenza per caso, passando per i luoghi pubblici dove sono realizzate le installazioni.

Il coinvolgimento di numerose persone impegnate nell’amministrazione e nella politica, dell’amministrazione provinciale e del comune di Reggio Calabria, mi hanno indotto a sperare che potesse trattarsi di qualcosa di diverso, almeno dal punto di vista della Fotografia, che è quello che mi interessa, per questo ho deciso di rendervi partecipi delle mie impressioni.
Non sono un giornalista, né un critico di Fotografia, limitandomi ad impegnare il mio tempo libero nello studio di quest’ultima a scopo personale, perciò mi limiterò ad alcune considerazioni generali su due concetti, a mio avviso, principali:

IL LIVELLO FOTOGRAFICO DELLA MOSTRA
Come ho detto non sono un critico né un giornalista, e non avendo mai avuto l’intenzione di recensire la mostra non mi sono impegnato per chiedere all’autore delle miniature web da allegare all’articolo. Ho solo scattato alcune panoramiche dell’installazione che allego e che costituiscono l’unica fonte da cui avere una visione d’insieme, necessariamente insufficiente a costituire la base per delle valutazioni critiche.
mostra/convegno "HIMMINI" di R. Mortelliti - ©Giancarlo Parisi
L’invito è dunque a prendere questo articolo come la valutazione personale di un visitatore della mostra, almeno fin quando non l’avrete vista di persona (per chi ne avrà voglia e possibilità, la mostra è aperta fino al 12 marzo, dalle 8.00 alle 19.00, presso il Palazzo della Provincia a Piazza Italia – Reggio Calabria).
La mostra è composta da una trentina di immagini, stampate su plexiglass in formato 50x70cm circa e installate su pannelli di compensato rivestito da stoffa nera opaca; non fornisco il numero preciso perché, onestamente, non le ho contate, non ritenendo che, nel caso specifico, il numero esatto abbia una qualche importanza: non esiste una sequenza precisa (le immagini potrebbero essere collocate anche in ordine diverso), né un racconto specifico cui il numero potrebbe essere funzionale. Il tipo di stampa è piuttosto buono, sia come qualità del materiale che come dimensione, sebbene io non ami particolarmente le superfici lucide a causa dei riflessi, favoriti peraltro dal tipo di luce.
mostra/convegno "HIMMINI" di R. Mortelliti - ©Giancarlo Parisi
L’illuminazione è infatti fornita da 4 faretti alogeni da 800 watt ciascuno, installati su un alto treppiede. A parte le considerazioni sul lato estetico circa la collocazione di tale accrocco addobbato di cavi elettrici proprio in mezzo alla sala, l’illuminazione è senz’altro sufficiente alla fruizione di buona parte delle immagini esposte; alcune infatti, per la loro collocazione, non sono sufficientemente illuminate, comunque non tanto quanto le altre, e questo è un dato importante se si considera che una installazione costituisce un tutt’uno con il suo oggetto, un’opera a sua volta rispetto alle singole immagini che la compongono e che, come tale, necessita di una certa coerenza. In tal senso ritengo utile, ancora una volta, richiamare le lucide analisi di Augusto Pieroni nel suo “Leggere la Fotografia”, in merito proprio alla fase di edizione e pubblicazione dell’immagine.
mostra/convegno "HIMMINI" di R. Mortelliti - ©Giancarlo Parisi
mostra/convegno "HIMMINI" di R. Mortelliti - ©Giancarlo Parisi
Ma a parte le considerazioni, per così dire, logistiche della mostra, vorrei soffermarmi sui suoi contenuti, quindi sulle immagini. “HIMMINI” è un’espressione dialettale calabrese che significa “femmine”, quindi il tema della mostra sono le donne, come era facile capire anche dalla prima immagine che ho allegato. Il titolo di una mostra, di un lavoro, di un libro è un elemento molto importante perché fornisce al fruitore una chiave di lettura più o meno dettagliata per leggere il lavoro. Tale titolo, insieme al modo in cui la mostra/convegno è organizzata, inducono ad una aspettativa circa il suo contenuto che può essere sintetizzata nel fatto che la mostra, ed in particolare la Fotografia nell’ambito della mostra, dovrebbe/vorrebbe essere uno strumento visivo attraverso il quale dare supporto ai concetti chiave che gravitano attorno all’universo femminile e al ruolo della donna nella società moderna. Tale aspettativa è stata poi confermata dal tenore degli interventi che hanno seguito l’apertura del dibattito, tutti di ottimo spessore e che mi hanno trovato d’accordo pressoché su tutto. Il problema, a mio avviso, sta nel fatto che le immagini scelte dall’autore, sebbene con una espressa motivazione presente nella locandina da ultimo allegata, sono assolutamente slegate tra di loro e l’unico fil rouge che le tiene insieme è che ritraggono donne; non è un caso, infatti, che l’autore si curi di specificare nella locandina, che ama fotografare donne e città, ovunque ce ne siano. Le foto esposte, infatti, (cito l'autore) sono “galleria di istantanee in cui l’universo donna è protagonista, scatti semplici, istintivi, immagini che velocemente ritraggono donne immerse nella loro quotidianità – non è una selezione rappresentativa di generi o categorie, né di modelli o stereotipi; Himmini è uno spaccato casuale di micromondi che si incrociano tra loro, e che a loro volta incrociano lo sguardo del fotografo”.
Ebbene, se un buon numero di immagini esposte si distingue per un ottimo livello della composizione, della scelta dei soggetti, dell’inquadratura; se insomma un buon numero di immagini risulta molto interessante singolarmente considerato (mentre un più esiguo numero risulta, sempre a mio avviso, meno incisivo dal punto di vista degli aspetti summenzionati), rimane il fatto che, insieme, le suddette foto non costituiscono affatto un unicum. E ciò, nonostante l’aprioristica affermazione in tal senso da parte dell’autore, è un grosso limite per una mostra che accompagna (in modo peraltro importante) un convegno/dibattito sul ruolo della donna nella società moderna. Non basta, insomma, fotografare delle donne nella quotidianità per far emergere, sempre e comunque, quei connotati distintivi del gentil sesso che ne costituiscono l’eidos. Ciò che emerge dalla mostra, nonostante il valore delle singole immagini dal punto di vista compositivo e formale (meno dal punto di vista dei contenuti) è esattamente ciò che l’autore descrive nella locandina, ovvero una raccolta dal “cassetto” delle foto per tirar fuori una mostra a tutti i costi. E ripeto, il fatto che l’autore sia consapevole di ciò è, a mio avviso, un’aggravante piuttosto che un’attenuante, dal momento che nessuno ci obbliga per forza a mostrare qualcosa; in tal senso vorrei richiamare l’editoriale de Il Fotografo n.225, nel quale Sandro Iovine si occupa molto lucidamente del tema.
Un ulteriore elemento di frammentazione è costituito, a mio avviso, dalla presenza di solo tre immagini a colori, rispetto al resto della mostra che è in bianconero; scegliere tra la comunicazione visiva a colori piuttosto che in bianconero ha precisi risvolti sulla dimensione comunicativa, e ciò a maggior ragione se si considera che le immagini per le quali è stato scelto il colore non giustificavano tale scelta dal punto di vista della loro costruzione, non c'era insomma un motivo particolare per il quale decidere di distinguerle in modo così netto dal resto della mostra.

LO SVOLGIMENTO DEL CONVEGNO
Il secondo punto sul quale vorrei, brevemente soffermarmi, è il modo in cui si è svolto l'evento di cui si parla. In linea di massima è stato un evento molto interessante, grazie anche agli interventi di spessore, se non fosse per la poca partecipazione che c'è stata. Ma non è di questo che voglio parlare quanto del fatto dell'assoluta assenza di un intervento di carattere comunicativo/semiotico sulle immagini della mostra. Insomma, un convegno sul ruolo della donna, che si basa fortemente su una mostra fotografica, peraltro prolifica dato il numero e la dimensione delle stampe e che occupa praticamente i tre quarti dell'ampia sala dedicatagli, nel quale l'unico intervento sull'aspetto fotografico è stato riservato al fotografo, che come spesso accade (me compreso) non riesce a trovare parole per descrivere quello che già ritiene di descrivere attraverso le immagini e, quand'anche le trovasse, sarebbero comunque parole di parte (nel senso più buono del termine). Sarebbe stato opportuno, oltre che molto interessante, che tra gli intervenienti invitati figurasse almeno un esperto di fotografia e di comunicazione (magari anche uno di semiotica e di giornalismo, ma sarebbe stato chiedere troppo) che facesse un intervento centralizzato ad illustrare le immagini, e soprattutto gli strumenti (visivi, formali, compositivi) attraverso i quali l'autore ha voluto comunicare che cosa.

La mia non è una critica gratuita, anche perché sono consapevole delle difficoltà che incontra la fotografia ad affermarsi come mezzo di comunicazione, confinata com'è a mero strumento estetico e documentario senza molta attenzione alle regole della comunicazione visiva. Per tali motivi reputo comunque importante l'iniziativa, che ha comunque rappresentato un impegno a risollevare la Fotografia dai lidi in cui langue nel nostro territorio e dai quali stenta a salpare.
Concludo con un ringraziamento a tutti coloro che leggeranno questo articolo, in particolare all'autore della mostra, se e nella misura in cui vorrà tollerare la mia "impertinenza".



3 commenti:

sandroiovine ha detto...

Impossibile esprimersi sulla mostra non avendo potuto visitarla. Rimane da valutare solo lo scritto di giancarlo, che a mio modo di vedere stigmatizza un malcostume tipico della fotografia italiana. Una fotografia che si riferisce a un ambiente culturalmente depresso, ignorantenel senso etimologico e non offensivo del termine, un circolo chiuso pieno di aria viziata che presuppone che mettere al muro dei rettangoli con stampate su delle immagini sia condizione necessaria e sufficiente perché il risultato possa essere definito mostra.
La progettualità che sottende un'esposizione è molto maggiore. Richiede innanzitutto che esistano un'idea e un progetto comunicativo, all'interno del quale l'allestimento svolge una funzione fondamentale. E per allestimento intendo la disposizione delle luci, la scelta del modo in cui le immagini vengono stampate in termini di dimensioni, tipo di superficie del materiale di stampa, cornici e così via. Ma imprescindibile anche la disposizione in sequenza anche in assenza di uno sviluppo narrativo preciso.
Progettualità (non mi riferisco alla mostra che non valuto per motivi precedentemente specificati) non vuol dire far ruotare intorno a un argomento comune delle immagini. Vuol dire che deve sussistere un'unità di stile e di forma, una sequenza di azioni, volumi, vettori di forza, gamma tonale o cromatica.
Poi mi verrebbe da fare qualche considerazione sulla scelta del titolo che affonda le sue radici in una forma dialettale scarsamente comprensibile al di fuori della regione ospitante o degli immediati limitrofi, sottintendendo una preclusione culturale aprioristica e mi permetto di dire anche limitata e autolimitante, peraltro in apparente contraddizione (mi riferisco alla mia unica fonte di valutazione, ovvero lo scritto di Giancarlo Parisi).
Mi permetto di non condividere la conclusione del post(Per tali motivi reputo comunque importante l'iniziativa, che ha comunque rappresentato un impegno a risollevare la Fotografia dai lidi in cui langue nel nostro territorio e dai quali stenta a salpare.. Sempre senza riferimenti alla mostra in oggetto che continuo a non poter valutare a oltre 1200 chilometri di distanza, non credo che iniziative mal realizzate o prive di reale progettualità contribuiscano a risollevare le sorti di un Fotografia esangue. Al massimo contribuiscono a consolidarne la visione distorta in assenza di reali strumenti di valutazione critica. E questo allontana ancora di più il possibile affrancamento dall'ignoranza diffusa in materia.

Giancarlo Parisi ha detto...

Caro Sandro, come darti torto?
So bene che la conclusione del mio articolo può apparire in contraddizione, ma letta in uno con l'intero testo credo possa meritare una sua ragion d'essere.

Allo stato attuale è obiettivamente impossibile pretendere, dal panorama fotografico del mio territorio, la consapevolezza necessaria per evitare un uso così basso e acritico della fotografia. Viviamo in una dimensione in cui non esiste il terreno per il civile confronto, mancando quell'elemento fondamentale che, pur in assenza di competenza in materia, costituirebbe la base per la crescita: l'apertura mentale.

Tutto ciò che ho scritto a proposito della mostra sarebbe (forse lo è già stato) tacciato di presunzione e invidia, da parte di un "poveretto" che crede di essere chissà chi. Perché qui funziona così, se tu hai fatto una mostra al palazzo della Provincia questa DEVE essere buona. Non esiste minimamente l'ipotesi che qualcuno possa avanzare la benchè minima critica.

Io l'ho fatto, e sono stato tutt'altro che minimo, ma conoscendo il nostro livello ho anche la consapevolezza per dire che non sempre ciò è frutto di presunzione e saccenza da parte di chi "mostra", essendo a volte un limite intrinseco e insuperabile perchè "invisibile".

La mostra ha comunque costituito un impegno a risollevare la fotografia: purtroppo non tutti gli sforzi vanno nella giusta direzione e questo in calabria succede spesso e non solo in fotografia.

Andrea Tripodi ha detto...

Premesso che, non avendo visitato la mostra, anch'io posso soltanto attenermi allo scritto di Giancarlo, dico che non potrei essere più d'accordo di così con Sandro, ma anche con lo stesso Giancarlo. Viviamo in una società in cui si deve apparire a tutti i costi, si deve produrre, si deve mostrare..e tutto ciò anche a costo di violare alcune regole fondamentali o, comunque, di non produrre o palesare un prodotto degno di essere ricordato..e questa mostra pare sia stata l'ennesima manifestazione di questo trend..pare vi fosse non solo una disposizione delle luci inadeguata, ma anche una totale assenza di un filo conduttore, di un messaggio da diffondere agli astanti e, in generale, alla collettività..riguardo la conclusione, ritengo che Sandro abbia ragione a dire che iniziative mal realizzate o prive di reale progettualità siano ben poco utili e costruttive..almeno tendenzialmente dovrebbe funzionare così..però è anche vero, come dice Giancarlo, che nella nostra realtà è praticamente impossibile aspettarsi di più..spesso ci si imbatte in persone dalle vedute tutt'altro che larghe..regna la mediocrità (non solo nella fotografia, ma anche nella musica, ambito che conosco maggiormente) e ci si improvvisa..quasi sempre le persone che hanno studiato sui libri o che comunque hanno delle basi, sono le stesse persone che, molto umilmente, accettano un confronto che possa essere costruttivo..purtroppo questo non si verifica in molte realtà (la nostra soprattutto) in cui basta, come dice giustamente Giancarlo, aver organizzato una mostra al Palazzo della Provincia perchè non si possa essere contraddetti..e tutto questo perchè, molto probabilmente, di sicuro nel nostro territorio, non si ha voglia di confrontarsi, di mettersi in gioco..in una parola: di CRESCERE..