venerdì 25 marzo 2011

"A+" a tutti! - le prospettive dell'automazione totale

Siamo ormai abituati al continuo rimpiazzo delle fotocamere sui banconi dei negozi e dei centri commerciali; modelli che fino a 6-10 mesi prima erano sulla cresta dell'onda, oggetto di desiderio da parte del popolo dei fotoamatori si trasformano, pressoché improvvisamente, in oggetti "normali", vagamente utili ma non più onirici, soppiantati dalle nuove proposte della tecnologia. Niente di nuovo, dunque, se un colosso della produzione di attrezzatura fotografica come Canon sforna l'ennesimo upgrade di quella fortunata serie di EOS a tre cifre che vide la luce nel 2003 con la 300D, la EOS 600D. Eppure la nuova nata della casa biancorossa pianta una nuova bandiera sul terreno ancora tutto da scoprire della fotografia digitale, con effetti difficili da pronosticare...
una schermata guida della nikon D3000
La Eos 600D sembra infatti inserirsi ancora più saldamente in un solco già da tempo battuto da altri produttori e improntato alla massima semplificazione dell'apparecchio, che strizza sempre più l'occhio al totale neofita. Già la Nikon D3000 aveva (credo per prima) implementato una vera e propria guida illustrata che "spiega" a chi la utilizza come intervenire per modificare l'aspetto delle proprie fotografie, semplificando l'approccio all'aspetto più squisitamente tecnico alla fotografia, ma la Canon ha fatto di più. Come si evince dalla recensione realizzata da Dpreview e che potete leggere per intero a questo indirizzo, la nuova stella del firmamento Canon ha due caratteristiche peculiari, una delle quali la distingue da tutte le DSLR fin'ora prodotte. 



Innanzitutto la Eos 600D eredita dalla 60D la modalità di elaborazione immagine definita BASIC+ che realizza un approccio verso i parametri di scatto totalmente orientato ai risultati (results-orientated) e che opera in funzione delle diverse modalità di esposizione c.d. scene-based (le classiche modalità paesaggio, notturno, sport, ecc.). 
In buona sostanza, impostando questo "modo immagine" in combinazione con le modalità di esposizione "scena" (paesaggio, ritratto, ecc.), la fotocamera consente all'operatore di modificare l'aspetto delle proprie immagini e del bokeh senza che sia necessario possedere alcuna conoscenza tecnica in merito al come si ottengono questi risultati, semplifacando l'approccio a concetti chiave quali il bilanciamento del bianco o la profondità di campo, e lasciando financo la macchina libera di valutare autonomamente il tipo di luce presente e "trattare" il file di conseguenza. 
E se questa innovazione lascia ancora un certo margine operativo all'operatore, che dovrà comunque scegliere il tipo di "scena" al quale abbinare la modalità "Basic+", le maggiori novità arrivano dalla secondo e più peculiare caratteristica, la c.d. "green square"!
ghiera principale della Eos 600D con la nuova modalità di esposizione A+
 Si tratta di un aggiornamento della modalità di scatto totalmente automatica già presente sulle Eos di questa serie, e che è sempre stata identificata da un rettangolo verde vuoto al quale, nella nuova reflex, è aggiunta una "A" e un "+". Modalità "A+" dunque, che innova la "Scene intelligent Auto", ovvero la modalità con la quale fa tutto la macchina, lasciando l'operatore libero di concentrarsi sullo scatto. Ma in cosa risiede esattamente l'innovazione? Nel fatto che, nella nuova versione di questa modalità di scatto, la macchina non soltanto opererà le scelte in merito ai parametri di ripresa (tempo/diaframma/iso) ma, analizzando la scena imposterà anche i parametri di sviluppo dell'immagine ritenuti più idonei determinando, dunque, la complessiva caratterizzazione finale dell'immagine!
 

Di fronte a cotanta esplosione di ingegneria elettronica è facile rimanere affascinati, anche se dubito che i fotografi più smaliziati troveranno di una qualche utilità questa nuova caratteristica, ma l'impressione è che la piega presa porterà verso lidi ignoti il modo tradizionale di intendere la fotografia, rimasto tutto sommato immutato da 150 anni ad oggi, forse cambiando la fotografia stessa, chi può dirlo. Dal mio punto di vista non posso fare a meno di chiedermi quale sarà l'effetto di tali innovazioni sulle future generazioni di fotografi, e il senso di questo post è quello di cercare un abbozzo di risposta.
Partendo dal dato attuale della fotografia amatoriale, che vede i fotoamatori sforzarsi sempre meno per comprendere i rudimenti della fotografia per via, da un lato, della comodità degli automatismi, e dall'altro lato delle complicazioni introdotte (anzi, palesate) dalla fotografia digitale, mi chiedo quale utilità potranno trovare detti soggetti nel dedicare del tempo all'apprendimento della tecnica in vista di un futuro che sembra dominato dall'elettronica!
E non si tratta soltanto di prospettare una generazione di fotografi totalmente ignorante in fatto di tecnica - cosa che potrebbe apparire di nulla rilevanza in un mondo in cui il livello di perfezione degli automatismi è tale da annullare totalmente la necessità dell'intervento manuale - quanto di riflettere sul modo in cui l'identità dell'autore si trasfonde nella Fotografia (intesa più come produzione fotografica che come singola immagine).

Si potrebbe obiettare che nessuno vieta al fotografo di riprendere in mano le redini della situazione, rinunciando a tali automatismi, ma io dico, attenzione: per poter optare per il controllo manuale della fotografia è necessario avvedersi dell'utilità di tale controllo e perché ciò avvenga è giocoforza conoscere le basi tecniche. Dunque io mi chiedo, perchè un neofita dovrebbe ritenere utile impare qualcosa che gli consentirebbe di ottenere risultati analoghi a quello che, ai suoi occhi, appare già perfetto? In soldoni, nessun automatismo, a meno che direttamente collegato con il pensiero umano, potrà interpretare le intenzioni del fotografo, ma per potersene rendere conto è necessario capire cosa consente l'intervento manuale; ma nella mente di un neofita, totalmente vergine in merito alle più elementari nozioni di tecnica e composizione fotografica, il risultato di un super automatismo apparirà come ciò che egli esattamente desiderava ottenere, inutile dunque, dal suo punto di vista di neofita, cercare di fare qualcosa per migliorare ciò che già va bene.


Può darsi che io mi sbagli, ma seguendo questa linea di pensiero è inevitabile prospettare un futuro in cui l'identità fotografica dell'AUTORE scomparirà per come oggi la si intende: il nuovo fotografo dovrà scegliere solo l'inquadratura (e chissà che non diventi inutile anche quella); e sebbene essa sia elemento di grandissima importanza nella visione di un Autore, non si può non temere che assorbirà, come sta già facendo, le "radiazioni nocive" della semplificazione totale...








4 commenti:

milo temesvar ha detto...

Credo che la conoscenza delle basi tecniche del fotografare sia già da parecchi anni considerata superflua dalla maggior parte di chi usufruisce di macchine fotografiche; il problema è l'annullamento della capacità critica ("se la mia nuova macchinetta ha fatto la foto in questo modo vuol dire che è quello giusto"); come avvenuto in tanti altri campi: perchè l'utente diventi semplicemente l'ultimo ingranaggio di un processo industriale, si deve evitare che voglia sentirsi un "autore".

Giuseppe ALOISI ha detto...

Il problema è che nell'epoca del consumismo la teconologia occupa un ruolo molto ampio nella mente delle persone;nel senso che ciò che è tecnlogico lo si vuole avere:si pensi ai vari ipad,iphone,tv led 3d 4 milioni di Hz(sic!) poi che siano cose utili o non lo siano non ha importanza,basta averle!
Ecco che,allora,con la "digitalizzazione" della fotografia si è scaduti nello stesso fenomeno;se da una parte il digitale ha molti lati positivi,andrei fuori tema se mi mettessi ad analizzarli,da un'altra,invece,ha fatto diventare questi apparecchi "commerciali", nel senso più volgare del termine.
Ed inoltre,queste "innovazioni" che ci propongono le case costruttrici,a mio parere, non fanno altro che sminuire quella che è la fotografia. Spesso mi sento dire che oggi,grazie alla tecnologia,è molto più semplice realizzare delle "belle" immagini...

francesco peluso ha detto...

Può darsi che io mi sbagli, ma seguendo questa linea di pensiero è inevitabile prospettare un futuro in cui l'identità fotografica dell'AUTORE scomparirà per come oggi la si intende: il nuovo fotografo dovrà scegliere solo l'inquadratura (e chissà che non diventi inutile anche quella); e sebbene essa sia elemento di grandissima importanza nella visione di un Autore, non si può non temere che assorbirà, come sta già facendo, le "radiazioni nocive" della semplificazione totale...

caro Giancarlo questa volta sono in disaccordo con te su quest'ultima tua affermazione.
Scegliere solo l'inquadratura...
E hai detto niente ! estrapolare dal mondo intero quei pochi centimetri di luce e dargli un significato che non sia solo un corretto concetto estetico penso sia ancora una prerogativa dell'autore, della sua testa, della sua sensibilità e del retaggio della sua cultura nel senso più ampio del termine.
E penso che in società inondata di immagini, sempre più perfettamente esposte, farà ancora la differenza.

Io credo che come ogni innovazione ci sono due aspetti, uno positivo e l'altro negativo.

Quello positivo può essere che lo sgravio dall'acquisizione delle nozioni tecniche possa permettere all'autore di concentrarsi maggiormente sulla parte creativa.

Quello negativo, e strettamente correlato, quello che non conoscendo dei passaggi, di determinati meccanismi possa far perdere parte del controllo dell'immagine.
L'immagine prodotta quindi diventa non più solo opera dell'autore ma anche del software embedded nella macchina.
Almeno nella fase di post-produzione.

E in ultima analisi non conoscere delle cose, di qualsiasi natura esse siano, inevitabilmente ci fa essere tutti un po ignoranti.
Quest'ultimo aspetto purtroppo è una espressione del difficile momento storico e culturale.
Della rivincita della superficialità sull'approfondimento.

Giancarlo Parisi ha detto...

Rispondo a Francesco per tutti.
Niente di male a manifestare un proprio dissenso, anzi sarebbe bello che succedesse più spesso perchè è l'anima del confronto. Tuttavia io non penso che siamo in disaccordo Francesco. Probabilmente a causa dell'ermetismo di quella frase ti ho indotto a fraintendere. Sono fermamente convinto che l'inquadratura sia l'elemento più importante e caratterizzante della fotografia d'Autore, perchè è l'anima stessa della fotografia; se essa è per antonomasia una porzione di mondo è chiaro che rappresenta anche una scelta di quale frazione rappresentare.

Quello che intendevo dire è che, nel vortice della semplificazione, anche le regole della buona composizione rischiano di essere travolte e sminuite, al punto che la prospettiva che "qualunque inquadratura sia buona" non è affatto avveniristica. Esistono già automatismi perturbanti come il "riconoscimento facciale" o lo scatto automatico non appena la macchina "legge" un sorriso sui volti: mecchanismi software che potrebbero tranquillamente essere i precursori di soluzioni più complesse ed "efficienti" che sollevino l'operatore anche dalla seccatura di inquadrare.

Nell'ottica della totale semplificazione si tende a "sollevare" l'operatore da qualunque groviglio mentale ma liberandolo solo apparentemente del problema, perchè di fatto la sua fotografia rischia di essere vuota.

L'aspetto positivo dell'innovazione non consiste nel sollevare l'ooperatore dalla acquisizione delle nozioni tecniche, bensì nel consentirgli di dimenticarsene una tantum a vantaggio dell'istante colto. Questo perché, come giustamente evidenzi più avanti nel tuo post, la non conoscenza determina una mancanza di controllo ma soprattutto di consapevolezza sull'immagine e sulla sua forza comunicativa.

Per questo ritengo che non siamo in contraddizione. Rimane fondamentale conoscere un minimo del funzionamento fisico e tecnico della fotografia, altrimenti saremo sempre dipendenti da una macchina; e se, ad oggi, esiste ancora un margine relativamente ampio che consente a chi inizia a fotografare di scegliere con che livello di consapevolezza farlo, ciò non è affatto certo per il domani, almeno finché le prospettive saranno queste.