Ma non è per soffermarmi sui fatti di cronaca che scrivo, quanto piuttosto per sottolineare come, ancora una volta, non si esiti a pubblicare fotografie che invece dovrebbero essere cestinate e che comunque non aggiungono nulla sul piano narrativo della già triste vicenda.
home page di www.gazzetta.it nelle ore immediatamente successive alla tragedia |
Non si tratta di polemica gratuita quanto piuttosto di chiedersi perché si debbano pubblicare fotografie del genere, per dimostrare cosa? Di avere i fotoreporter più rapidi a scattare e soprattutto a inviare le foto? Oppure per descrivere esattamente il tipo di lesioni subite dal povero ciclista. E se vi pare drammatica la fotografia della home, peraltro schiaffata, come di regola, in mezzo a banner pubblicitari della più varia natura (chissà cosa ne pensano i parenti e la famiglia), forse non avete ancora visto la secondo immagine, pubblicata nella pagina che reca la descrizione in tempo reale dell'accaduto
pagina di www.gazzetta.it nelle ore immediatamente successive alla tragedia |
Non posso che riproporre le considerazioni già fatti da Sandro Iovine a proposito della discutibile cronaca recata da "La Prealpina" di dicembre 2010 e di cui a questo post, con in più il magone dettato dai miei trascorsi ciclistici agonistici.
So bene cosa significa affrontare una discesa a 80/100Km/h dopo 100/150 km di corsa nelle gambe, basta un niente per farla finita. La bicicletta che scorre velocissima su 3 cm quadrati di gomma a contatto con l'asfalto e il tentativo di tenere massima la concentrazione, con la consapevolezza che la minima disattenzione può essere fatale. Oggi lo è stata, così come il 18 luglio 1995 al Tour de France fu fatale al nostro Fabio Casartelli.
Tragedie... Che meritano rispetto, silenzio e rispetto. E invece vengono celebrate con la mercificazione dell'immagine tragica che ripaga con milioni di clic alla pagina e tanti bei soldoni nelle casse di Gazzetta.it.
Così non si fa.
1 commento:
Vedere l'immagine dell'incidente è sicuramente la curiosità di ogni lettore che, come me, ha saputo via internet dell'accaduto.
Sapere però che la curiosità di conoscere "visivamente" la dinamica dell'incidente o un particolare della tragedia venga usata per riempirsi le tasche di soldi, non è bello.
Si tratta pur sempre di una "disattenzione" che è costata la vita ad una persona prima che ad un atleta. Riposa in pace Wouter.
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